Ecco perchè XL ha lanciato un appello per Fabri Fibra al Primo Maggio
L’articolo del direttore di XL, Luca Valtorta
Ecco perché XL ha deciso di lanciare un appello contro la censura e per la riammissione del rapper Fabri Fibra agli organizzatori del Concerto del Primo Maggio.
L’ARTICOLO DEL DIRETTORE DI XL, LUCA VALTORTA
«Quello di Fabri Fibra è un assalto frontale: al consumismo sessuale, alle veline, al buon gusto, al buon senso, alla morale, ai luoghi comuni, ai centri sociali, alla guerra, allo stesso hip hop»: così recitava la prima recensione apparsa su XL, il mensile di Repubblica dedicato al suo pubblico più giovane e fuori dagli schemi. Quando è nato XL, avevamo uno scopo preciso: dare spazio a tutte quelle realtà di cui il giornale madre non poteva trattare perché emergenti, troppo piccole per trovare spazio sulle pagine di un quotidiano. Compito nostro sarebbe dunque stato quello di intercettare le novità musicali e non solo più strane, più off, più sotterranee ma al tempo stesse vive che stavano inziando a venir fuori nel nostro Paese e nel resto del mondo. Fummo particolarmente fortunati perché in quel periodo in Italia stava crescendo una nuova scena: quella hip hop. Era il 2005 e non era la prima volta che nella penisola l’hip hop riusciva a far parlare di sé: la prima era stato agli inizi degli anni 90 nel periodo delle cosiddette “Posse” in cui attraverso l’influenza dei Public Enemy, che rivendicavano di essere “la CNN del ghetto”, il rap trovava spazio nei Centri Sociali con gruppi come Onda Rossa Posse, Assalti Frontali e 99 Posse, fortemente politicizzati. Da qui usciranno quelle che saranno le prime star del genere: dall’esperienza bolognese e dagli Isola Posse verrà fuori Neffa mentre per quanto riguarda la scena meno politicizzata e più influenzata dal rap americano, quelli che avranno il successo maggiore saranno gli Articolo 31.
Nel 2005 la situazione è già molto cambiata: la politicizzazione ha definitivamente lasciato spazio a una rabbia confusa e a volte nichilista mentre alcuni gruppi italiani iterano in effetti una visione sessista tipica di una parte dell’hip hop a stelle a strisce. Non Fibra. A noi di XL del resto gli imitatori Usa non interessavano più di tanto. Quello di cui volevamo occuparci è sempre stato l’hip hop in quanto cartina di tornasole di situazioni di marginalità che attraverso la musica riuscivano a trovare un’espressione. Possibilmente non scontata. Una delle cose che più ci colpiva era il fatto che, mentre il rock, in quanto espressione della borghesia veniva comunque accettato anche nelle sue forme più oltraggiose (quando per esempio raccontava le sue stesse contraddizioni: «il sabato in barca a vela la domenica al Leoncavallo» come cantavano gli Afterhours), l’hip hop in quanto espressione del proletariato e del sottoproletariato, era invisibile. Tra tutti una voce era rivoluzionaria: quella di Fabri Fibra. Grazie a un ufficio stampa intelligente che ci fece avere Tradimento, il nuovo disco di Fibra per una major due mesi prima che uscisse, iniziammo una campagna stampa che sarebbe durata mesi per poi culminare in una copertina nel maggio del 2006. XL usciva con una copertina dedicata a Fibra proprio mentre il Tribunale dei Minori faceva un’interrogazione sui suoi testi «sconvolgenti, sessisti e omofobici» che poi sarebbe finita in nulla. A poco a poco, anche attraverso l’opera del nostro giornale, che nel maggio del 2009 lo nominava addirittura direttore per un numero, proprio per offrirgli la possibilità di raccontare il suo mondo di riferimento, Fibra è stato a poco a poco compreso fino a diventare con il precedente album, Controcultura (2010) e oggi con Guerra e Pace uno degli artisti più famosi e stimati di questi tempi.
A otto anni di distanza da quegli eventi, incredibilmente la cosa oggi si ripete, come se nel frattempo nulla fosse successo. La stessa incapacità di lettura dei fenomeni giovanili manifestata allora si ripropone anche adesso con un colpevole ritardo ma sempre attraverso un’analisi superficiale, a testimonianza dell’eterno provincialismo del nostro Paese, incapace di valorizzare i suoi talenti. Mentre l’Inghilterra ha sempre saputo rendere onore anche agli artisti più scomodi, l’Italia si attarda su posizioni retrograde mostrando un’incapacità di lettura dei testi degli artisti più interessanti e complessi. Nel caso di Fibra, l’uso continuo di forme retoriche quali l’ironia o il sarcasmo, ovvero affermare qualcosa che è esattamente il contrario di quello che si vuole intendere («Dio salvi la regina, il regime fascista» cantavano i Sex Pistols: ovviamente non stavano facendo apologia di fascismo) non è stato ancora compreso.
Vediamo per esempio l’inizio di uno testi messi sotto accusa, Su le mani: «Ho 28 anni ragazze contattatemi scopatemi/ e se resta un po’ di tempo presentatevi /non conservatevi datela a tutti anche ai cani / se non me la dai io te la strappo come Pacciani / io fossi nato donna ascolterei madonna/ vestirei senza mutande ovunque e sempre in minigonna».
Il ritratto di Fibra dei post adolescenti cresciuti senza valori, grottesco e feroce, tutto è tranne che sessista: c’è un attacco feroce al consumismo sessuale ma anche alla violenza («se non me la dai te la strappo come Pacciani»). Può non piacere e di sicuro è un linguaggio molto diverso da quello utilizzato da cantautori raffinati come De Gregori ma esprime rabbia e condanna di uno stato di cose in maniera forte e chiara. Dietro non c’è un misogino sessista ma semmai un moralista. Così come nell’altro testo sotto accusa da parte dell’associazione D.i.Re.: Donne in Rete contro la violenza alle donne, Venerdì 17, dopo un’allucinante descrizione di violenza sessuale Fibra rappa: «Ma non sono il tipo che va pazzo per le foto / è molto meglio bere fino a che non vedi il vuoto / poi giro ubriaco dopo quindici Peroni / mi schianto con la moto mentre canto Alex Baroni / così l’ipocrisia di queste generazioni». Ovvero: anche qui una conclusione che illumina il quadro fosco espresso precedentemente facendo riferimento anche allo stupro in maniera estremamente cruda. Ovviamente il senso del racconto va letto alla luce della denuncia dell’assoluta mancanza di valori che si può trovare soprattutto nei “bravi ragazzi normali” mentre il cattivo rapper, visto come pecora nera è l’unico a mantenere una capacità di giudizio e, in definitiva una positività dal momento che quella che sta facendo è, appunto, una denuncia e non certo un’esaltazione.
Tutta l’opera di Fibra va dunque in realtà letta come una continua condanna dell’ipocrisia, della superficialità dei media, della televisione che ti annulla. A dimostrarlo, ancora più delle parole sono i fatti e, nello specifico, lo stile di vita del rapper nella quotidianità. A differenza dei colleghi infatti Fibra non va nei privé delle discoteche, non si circonda di veline, non fa inni alla cocaina, ma ha sempre fatto dell’etica del lavoro il suo punto fermo. Sta a casa o in studio a lavorare oppure in concerto. Non perché vuole incarnare la figura del “bravo ragazzo”, immagine che odierebbe proprio perché la ritiene finta e ipocrita, ma perché queste sono le uniche cose che lo rendono felice.
Ed è di messaggi così che abbiamo bisogno.