Campus MEI: In-Formazione musicale // Dal blog di Pasquale Rinaldis – Salmo, musicista dai Lego all’ego. Ecco perché mi chiamano ‘il Profeta del Rap’
Quello che ci siamo da poco lasciati alle spalle è stato un anno particolarmente fortunato per il rapper Salmo soprannominato il “Profeta del Rap”, che con l’album Hellvisback è entrato direttamente al 1° posto nella classifica degli album più venduti, ha conquistato il disco di platino e ha calcato i palchi dei più prestigiosi festival italiani ed europei, con 50 date sold out. Segno che ormai, con oltre 30 anni alle spalle, il Rap è il genere che più di tutti ha saputo intercettare il linguaggio delle nuove generazioni, ché “spesso si rispecchiano nelle storie che raccontiamo e ne fanno tesoro”, spiega Salmo, nome d’arte di Maurizio Pisciottu, i cui pezzi sono pregni di citazioni, personaggi inventati e non, titoli di film e una certa dose di egocentrismo, come in 1984 fra i brani più belli con L’Alba e 7 am. Sottolinea che è principalmente un musicista ed è per questo che ha scelto di farsi accompagnare da una vera band, “anche per dare il buon esempio ai più giovani, perché la musica si suona”. Riguardo al suo ultimo disco spiega: “L’idea era di prendere un’icona come Elvis e farlo incontrare col mio mondo, ma è stato Banksy a ispirarmi, quando ha iniziato ad applicare a vecchi monumenti e statue qualcosa di attuale, per denunciare questa ‘società dell’apparenza’, in cui nessuno guarda più al passato, a meno che non si rivesta appunto con qualcosa di attuale”.
Il genere Rap riscuote maggiore successo rispetto al rock: profetico fu Kurt Cobain che disse che il rap è l’unica forma vitale di musica esistente dopo il punk rock.
Oggi chi lo fa e lo vive sono in tanti. Il genere è esploso in varie forme e si è diramato in varie direzioni spargendosi a macchia d’olio. In Italia ha conquistato i più giovani perché noi rapper parliamo di noi stessi e chi ci ascolta, spesso i ragazzini, si rispecchia nelle nostre storie, facendo tesoro di quel che raccontiamo. Ecco perché gli altri generi non riescono a catturare i giovani. Chi fa musica pop o rock non racconta la propria storia, spesso parla d’amore e mai di se stesso. Un pezzo rap invece è un po’ come chiacchierare al bar con un amico: parli della tua giornata, di cosa pensi della vita, di qualsiasi cosa in modo diretto, semplice.
Continua a leggere sul Fatto Quotidiano