CampusMEI: in-formazioni musicali // da oggi parte ”Note Controcorrente”: La responsabilità delle Radio per la diffusione della musica italiana.
La responsabilità delle Radio
per la diffusione della musica italiana
Una nuova proposta di legge per la musica delle Regioni
Non è forse la Radio, e non la TV, il più longevo e potente mezzo di comunicazione della musica?
E con l’attuale crollo delle vendite di dischi e la riduzione del peso delle discografiche, non si potrebbe utilizzarla proprio come servizio pubblico, per dare spazio alla musica di centinaia di artisti, per ora, inascoltati ?
Certamente l’invenzione della Radio ha segnato un grande cambiamento nella storia dell’umanità. Ma chi ha inventato questo incredibile strumento di diffusione della musica, e non solo?
Presumiamo che tutti gli informati risponderebbero: “Guglielmo Marconi”. Invece la strada è un po più lunga, perché il cammino di questo mezzo radiofonico è iniziato con Michael Farraday agli inizi del 1800, ben due secoli fa.
Dopo alcune ricerche, Farraday ha notato l’esistenza di una forte interazione tra elettricità e campi magnetici affermando poi, con certezza, che era l’elettricità a generare i suddetti fenomeni magnetici. In seguito Antonio Pacinotti, fisico italiano, ha sfruttato le scoperte di Farraday per inventare la dinamo per produrre elettricità.
Maxwell fu il teorico dell’esistenza delle cosiddette onde elettromagnetiche, ma sarà Hertz a individuare queste onde a livello pratico. Se Hertz può essere considerato quindi il genio della radio, fu però Eduard Branly a inventare il COHERER, un rilevatore e allo stesso tempo ricevitore di onde elettromagnetiche.
Arriviamo quindi a Marconi che senza questi preliminari, non sarebbe ricordato oggi.
L’esperimento di Marconi dette vita alla radio, o meglio alla possibilità di trasmettere verso l’etere. L’unica sua vera invenzione fu la messa a terra del filo, per il resto tutto già era noto.
Ma nel 1900, arrivò la vera invenzione che oggi, a posteriori, ci fa dire: “E COSI NACQUE LA RADIO”. John Fleming diede vita al DIODO, una valvola termodinamica capace di trasformare l’impulso elettrico in suono.
Il DIODO sarà una componente insostituibile della radio, della televisione, dei calcolatori e di molti altri apparecchi elettronici fino all’invenzione del TRANSISTOR.
Si arriva al dopoguerra e ai nostri giorni con la RAI, il cui monopolio cessa però sotto la stimolo delle prime Radio Libere, con la sentenza N° 225 emessa dalla Corte Costituzionale nel 1974.
Le radio libere, poche all’epoca e ora centinaia, trasmettevano ogni cosa, senza particolari censure, molta musica di certo, perché la musica non implicava l’organizzazione di un difficile palinsesto.
Spesso in quelle radio c’erano molti volontari che non percepivano compensi per il loro speakeraggio o conduzione radiofonica.
La gente ascoltava la musica che veniva suonata dai juke box e dalle radioline che si portavano al mare e in campagna.
Poi l’avvento dei Network, oltre ai tre della RAI, le potenti radio con una banda di frequenza da renderle dominanti su scala nazionale, nella propria regione, se non in più di una.
Oggi le radio dominanti sono trentatré, ivi inclusi i tre canali RAI.
Sono radio che hanno un ascolto superiore ad un milione di ascoltatori al giorno.
Sono loro che controllano e stabiliscono se un artista può essere programmato e avere la possibilità di essere ascoltato dal grande pubblico.
Non c’è chi non comprenda il potere assoluto che hanno questi mezzi di comunicazione, nella vita di ogni artista.
Ogni radio ha un Direttore Artistico responsabile della programmazione musicale che stabilisce, a suo criterio o con l’aiuto di una redazione, chi possa e debba essere programmato in onda e con quale frequenza.
Fino a pochi anni fa, alcune radio minori locali, per aiutare la musica nuova, trasmettevano alcuni brani delle centinaia di dischi che gli erano inviati dagli artisti, editori o produttori. Oggi anche loro hanno smesso e si sono accodate al trend dei Network, trasmettendo solo gli artisti che hanno un peso economico; in buona sostanza chi può pagare per i passaggi o le interviste.
Alla faccia della pluralità e della possibilità d’ingresso di nuovi artisti nel panorama musicale italiano, anche questa strada, così come quella delle TV, è aperta solo a logiche di mercato, pressioni nepotistiche e non sempre, anzi raramente, di qualità.
Cosa si potrebbe fare allora?
Nulla si può imporre alle radio e visto che la leva dell’interesse economico, ahinoi, è l’unica che governa la nostra società contemporanea, vanno facilitate quelle radio che s’impegnino, magari anche in base ad un accordo nazionale, a trasmettere solo musica Italiana, offrendo all’interno del proprio palinsesto, un’ampia fascia oraria da dedicare alla nuova canzone d’autore.
Quante sono le regioni, tante dovrebbero essere le radio che sono disposte ad assumere un ruolo, “d’interesse pubblico” a favore della canzone Italiana.
Una semplice “leggina” che dica: Le radio regionali, ad esclusione dei Network nazionali, che abbiano una capacità tecnica di trasmettere con ampia banda d’ascolto nella propria Regione e che scelgano di diventare “Radio d’interesse culturale pubblico” e trasmettere all’interno del proprio palinsesto giornaliero solo musica Italiana e, almeno per il 25%, musica autoprodotta e indipendente di artisti non sotto contratto con Major o Case Discografiche di livello nazionale, avranno un contributo annuale esentasse da parte del Ministero competente, pari al costo del lavoro sopportato da queste radio.
Naturalmente, con dei regolamenti “ad hoc”, dovrebbero essere individuati dei criteri di selezione, tecnici e amministrativi, e dei controlli.
Con un provvedimento semplice e di basso impatto economico-finanziario si otterrebbero due risultati.
Il primo sarebbe di incentivare il lavoro.
Il secondo sarebbe di portare alla luce tanti artisti che non sarebbero più inascoltati.
Ci vogliamo provare?
Buona musica
Sergio Garroni