Campus MEI: in-formazione musicale // Doc Indie: Parenti Serpenti
PARENTI SERPENTI: RIFLESSIONE SPICCIA SULLA GESTIONE DELL’EREDITÀ ARTISTICA.
Il titolo di una nota pellicola italiana mi ha portato a riflettere sull’eredità di un artista. Non so se siano stati i recenti decessi di Lemmy e di Bowie o più semplicemente il mio attento spirito di osservazione, ma, comunque la vogliate mettere, è indubbio che spesso e volentieri alla scomparsa di un artista il suo lascito culturale venga male interpretato e gestito da chi ha diritto a sfruttarne nome, immagine e produzione. I casi sono molteplici, inutile soffermarsi a cercare colpe & colpevoli. Il mercato è quel che è, e ogni occasione, anche la più triste, è buona per rilanciare il business: gli eredi lo sanno fin troppo bene e non se lo fanno ripetere più di una volta. D’altronde come ci comporteremmo noi al loro posto? Non fingiamoci santi in paradiso, siamo tutti quanti creature assai terrene. Vizi e virtù ci accompagnano e le tentazioni sono ormai troppe e all’ordine del giorno. Inutile cercare di mantenere comportamenti virtuosi! Seppure dalla mia umanissima & terrestre condizione, però, mi verrebbe da dire che forse qualcosa di meglio si potrebbe e si dovrebbe fare: gli eredi sono coloro che dovrebbero tramandare la memoria dell’artista estinto e non, invece, inseguire una fama riflessa. Se facciamo lavorare la memoria, verremo travolti e spazzati via dai troppi album postumi ricchi di “materiali inediti” che nulla aggiungono all’opera dell’artista. Anzi! Spesso, infatti, le curatele di queste discusse operazioni discografiche – salverei i soli live ritrovati negli archivi – hanno come unico obiettivo di “restituire tutto l’artista” al pubblico offrendo in pasto ai fan prodotti che l’artista stesso in vita mai e poi mai avrebbe acconsentito a dare alle stampe. Su una tracklist di dieci brani – questa pare essere la lunghezza media delle compilation postume – spesso solo una traccia sarebbe stata degna delle attenzioni del suo creatore: le altre sono tentativi non riusciti o spezzoni di work in progress a cui vengono a ragione o a torto assegnati titoli ad hoc. Porzioni di jam diventano nuovi singoli creati nella speranza di fare tornare in classifica il nome del caro estinto. Possibile che non si possa fare qualcosa di più interessante senza togliere il pane di bocca agli eredi? Magari limitandosi a una compilation ogni 5 o 6 anni anziché saturare il mercato con prodotti a scadenza semestrale. Si tratterebbe di gestire al meglio il patrimonio musicale e, di quando in quando, regalare al pubblico, il pubblico dei più curiosi, cartoline sonore dal passato senza alcuna pretesa di pubblicare il nuovo disco del secolo. Un brano veramente inedito farebbe felici tutti. I miei sono pensieri sparsi, prendeteli così come mi sono venuti.