Marcello Zinno, direttore di Rockgarage.it, ci parla dell’album “Suburbs of Mind” dei Finister
Autore: Finister | Titolo Album: Suburbs Of Mind |
Anno: 2015 | Casa Discografica: Red Cat Records |
Genere musicale: Rock | Voto: 7,5 |
Tipo: CD | Sito web: http://finister.bandcamp.com |
Membri band:Elia Rinaldi – voce, chitarraOrlando Cialli – tastiere, sax, voce
Leonardo Brambilla – basso, voce Lorenzo Burgio – batteria, voce |
Tracklist:1. The Morning Star2. Bite The Snake
3. The Way (I Used To Know) 4. A Decadent Story 5. My Howl 6. Levity 7. Oceans Of Thrills 8. The Key 9. Here The Sun 10. Everything Goes Back |
Ascoltando tantissimo materiale emergente possiamo dire senza ombra di dubbio che molte delle band nostrane puntano a ricreare sonorità angloamericane. Non è una questione di età, né di genere musicale: è certo che le evidenze e i palchi che ci sono in questi due Paesi (nonché la numerosità di artisti sfornati) aprono a mille influenze e mille possibilità. I Finister, seppur giovanissimi, cadono anch’essi in questa tentazione ma, per fortuna, lo fanno con un approccio elegante e tutt’altro che emergente. Aiutati da una produzione che non solo valorizza ma premia il loro stile, i Finister propongono un rock solo sulla carta dalle tinte psichedeliche ma che poi all’atto pratico diviene elettronico, classico e conturbante. In loro troviamo tantissime anime tra cui un certo amore per la ricerca di effetti e suoni tipico dei Pink Floyd e un attaccamento al rock di zeppelliana memoria. Già questi due ingredienti fusi insieme fanno un mix davvero elettrizzante ed è davvero incredibile pensare che dietro questa musica ci siano dei ragazzi davvero giovani. E’ la dimostrazione che le idee pagano sempre e che l’esperienza non è l’unica regola per avere capolavori (non è un caso che i primi album dimostrano di solito una sfrontatezza e un coraggio musicale che spesso svaniscono con il tempo).
I brani di Suburbs Of Mind sono lunghi e spesso intricati: basta ascoltare Oceans Of Thrills per capire che la loro musica è stratificata (ad alcuni potrebbero ricordare i The Mars Volta nei passaggi strumentali) ma lascia spazio anche ad aperture melodiche soprattutto vocali (la verve di un Buckley nervoso esce fuori proprio in questo brano). Ancora, l’affascinante The Way (I Used To Know) di sponda Radiohead ma che poi nel ritornello si lascia andare agli anni 70 e al rock d’autore nella seconda metà della traccia arricchito da un bellissimo sax. Funambolica invece A Decadent Story, un brano dalle tinte orientali che pone l’accento sulle doti tecniche del quartetto, ma ancora c’è lo xilofono in Here The Sun, un pezzo tipicamente british pronto per le classifiche internazionali. E se non ne avete ancora abbastanza provate ad ascoltare il basso mammut dell’opener The Morning Star o l’energia sprigionata dopo i primi venti secondi di Bite The Snake. Questa band è come una droga: se entrate nel giro non vorrete più uscirne.