Parte la collaborazione tra MEI e Rockgarage: ogni venerdì una recensione Made in Italy, oggi Marcello Zinno, direttore di Rockgarage recensisce i Codeina
Autore: Codeina | Titolo Album: Allghoi Khorhoi |
Anno: 2014 | Casa Discografica: Autoproduzione |
Genere musicale: Grunge, Stoner | Voto: 7 |
Tipo: CD | Sito web: http://www.codeina.it |
Membri band: Mattia Galimberti – voce e chitarra Emanuele Delfanti – basso, voce Alessandro Cassarà – batteria, percussioni |
Tracklist:
|
Tra il grunge e lo stoner, intensi in senso stretto, ci passa un abisso. Tutto cambia, suono, filosofia, approccio sonoro. Eppure ci sono formazioni che fanno scontrare queste due scene, le fondono creando un monolite unico completamente al servizio del rock. Questi sono i Codeina, band che avevamo scoperto già con il precedente album Quore del 2010, prima vera pubblicazione dopo 12 anni di musica insieme e a cui poi è seguito il presente Allghoi Khorhoi. Si tratta di un lavoro mistico e preoccupante fin dal titolo che richiama il “verme mongolo della morte”, il quale , accostato al moniker della band che identifica un anestetico oppiaceo, non rilassa per nulla l’ascoltatore. Dodici tracce per un viaggio oscuro nel rock più elettrico, preistorico ed emotivo, alternative nello spirito ma molto più sporco nella resa. Questa è la parte che più li avvicina alla band di Manuel Agnelli, con la quale in alcuni tratti le similitudini si regalano (Dio Ci Pulisce), ma per come si presentano queste tracce l’impatto diretto risulta maggiore. Desertico al punto giusto, alcuni passaggi (come Medea) mettono insieme il cupo sound Queens Of The Stone Age e un certo post-grunge alla Foo Fighters (passando per la storia di Grohl) ma ogni tentativo di analisi non sarebbe ben centrato con i Codeina. Allghoi Khorhoi è proprio come un veleno che si beve con consapevolezza, non è necessario capirne il sapore perché è l’effetto finale la sua unica funzione.
L’energia e la ruvidezza sono due facce della stessa medaglia. Il film prosegue e la trama è quella, bella potente e senza nessuna intenzione di mollare. Pausa, intervallo, giunge un momento cauto, come imposto dalle regole della musica, è Cascando che raffredda gli animi, ma poi si riparte come un carrarmato. Bello il lavoro di registrazione delle due chitarre che in strofe e bridge cercano di costruirsi due personalità differenti facendo risultare la band come un quartetto ed in parte è così. Un album che sembra non finire mai e che accende i riflettori sullo stoner/grunge americano, poco nostrano ma pane quotidiano per gli appassionati del genere. Forza Codeina.
Marcello Zinno