Campus Mei: in-formazione musicale // Doc Indie: cercasi parolieri
Quando settima scorsa a DeeJay Chiama Italia, su Radio DeeJay, Cristiano Malgioglio ha denunciato la quasi totale assenza dal panorama musicale contemporaneo di autori degni di questo nome ho fatto un balzo sul divano esultando come feci l’ultima volta nel 2006 in occasione dei mondiali di calcio tedeschi. Di palle, questa volta, però, neanche l’ombra. Quella uscita dalla bocca di Malgioglio era ed è la pura verità. E anche se voleste conferirle una forma sferica, a forma di palla, la sostanza non cambierebbe affatto. Oggi la maggior parte dei testi delle canzoni in Italia sembrano essere stati scritti da mocciosi capricciosi: strofe appiccicose come muco, vocaboli violentati in nome di una presunta necessità mediatica e una dizione da fare rizzare in testa i capelli. Sono questi, ahimè, i tratti così distintivi della produzione musicale, gli amminoacidi che ne compongono il DNA. Certamente, la musica è fatta per intrattenere. Ma c’è forma e forma di svago. Il fatto che una canzone sia pop, “popular” secondo l’accezione di Andy Warhol, non comporta affatto che suoni sciocca e stupida fino allo sfinimento dell’ultimo neurone sano. Intrattenimento soprattutto, ma cazzarola, mettiamoci anche un po’ di intelligenza già che ci siamo. Il processo di anestesia culturale messo in atto dalla televisione e da una consistente parte della rete, cui la musica ormai partecipa da anni, può essere rotto. E ciò deve accadere semplicemente facendo un uso sensato dei ben 250.000 lemmi, ovvero quanti ne sono riportati sul Grande dizionario italiano dell’uso curato da Tullio De Mauro, su cui si regge la nostra bella e longeva lingua. Non volete utilizzarli tutti e quanti? Liberi di farlo. Ma, vi prego, rispettatene la natura e il significato. Una canzone scritta con vocaboli ed espressioni appropriate suona decisamente meglio. E, soprattutto, si fa capire meglio. In Italia e all’estero – non crediate, infatti, che grazie alla maggiore musicalità l’inglese la mancanza di talento dei parolieri sia un fenomeno assente in Inghilterra e negli States. E le eccezione, mi direte voi, al deprimente scenario dipinto in diretta da Malgioglio? Escludendo i vecchi leoni, gente che sapeva scrivere per le troppe bacchettate buscate a scuola, qualche candidato io ce l’avrei. Pochi nomi. Ma buoni. Personaggi che mi hanno colpito nel corso della mia ormai lunga carriera di critico. Per l’Italia: Ricky Bizzarro dei Radiofiera, Cesare Cremonini, Tony Tammaro, Merolla e i rapper Hyst e Loop Loona. Per il resto del mondo: Matt Deighton, gli Sleaford Mods e The Street dall’Inghilterra; Saul Williams dagli Stati Uniti; Mc Solaar dalla Francia. Basteranno a salvare la canzone?