Campus Mei. in-formazione musicale // Su “La palestra del cantautore” un articolo sulle osterie bolognesi
Torniamo a Bologna, Gabriele, e se ti va parliamo delle famose osterie, decantate da cantautori come Guccini e mitizzate da tutti, giovani e non, dalla fine degli anni Sessanta in poi..
Bologna, sin dal Medioevo, era città piena d’osterie, visti non solo i tanti studenti, ma anche i fiorenti commerci che giocoforza passavano da qui, da quello che si può definire il baricentro d’Italia, nel bel mezzo della pianura Padana. Pensa che il grande incisore Mitelli nel Seicento raccolse le insegne delle osterie più famose e delle loro specialità per farne un gioco dell’oca…
Il centro di Bologna era un dedalo di viuzze strette, oggi scomparse: pensa che ce n’era una, dove ora sorge l’elegante Galleria Cavour, che era detta “via del Buco di culo di ragno”, tanto che se ci si incontrava in due uno doveva tornare indietro. Nella stessa zona, che ospitava bordelli, c’era l’osteria detta “dell’Offesa di Dio”: l’oste vide sua moglie sbaciucchiarsi con un avventore, proprio sotto un crocefisso, e le disse: “Passi per l’offesa a me, ma non ti vergogni per l’offesa a Dio?”
Al di là dei tanti aneddoti, di fatto le osterie erano sottoposte a numerosi controlli: dovevano essere in grado di offrire numerose vivande, dovevano seguire i precetti che vietavano di proporre carni in certi giorni, il pesce che offrivano doveva essere fresco. A proposito, per scongiurare che i pescivendoli vendessero come fresco il pesce del giorno prima, era fatto obbligo, a fine giornata, di tagliargli la coda.
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