Le Nostre Rubriche // Exitwell in esclusiva per il Mei: “L’angelo mai: una storia italiana”
Che poi tutti parlano di cultura, sempre. Ne parlava il neo primo ministro Renzi un mese fa, quando diceva che “con la cultura si mangia”. Ne parliamo noi, che in qualche modo proviamo a farla, diffonderla; proviamo a sollevarci dal banale. Ne parlano tutti, della cultura, come di una necessità. Purtroppo, sembra quasi che se ne parli e basta, che la faccenda finisca lì.
Non voglio – o meglio “non vorrei” – parlare male del mio paese, l’hobby preferito dell’italiano medio. Però purtroppo, su alcune cose non si può fare a meno di scadere in questo cliché. In fondo lo abbiamo vissuto tutti noi che proviamo a fare musica: quando proviamo ad organizzare una serata e la SIAE, per dirne una, è pronta a metterci i bastoni tra le ruote, tra burocrazia e tasse; o quando andiamo a suonare dal vivo sperando in un pubblico che è sempre più disinteressato, costretti a confrontarci con i gestori, subito pronti a chiederci “quanta gente porti”. La sensazione è sempre la stessa: quella di dover affrontare una perenne lotta contro “gli altri”.
Una lotta, sì. Io vivo a Roma e a Roma, alle Terme di Caracalla, c’è un posto bellissimo dove si fa cultura e dove si sta insieme, senza nessuna piattaforma sociale, online, di mezzo. Quel posto si chiama “Angelo Mai Altrove” e una settimana fa è stato sgomberato dalle forze dell’ordine. Sarebbe facile e non ci tengo a scadere nella mera critica politicizzata, nella condanna totale di una gestione cittadina sicuramente fallace, pigra, sciatta e miope. È quasi superfluo dire che l'”Angelo Mai” a Roma rappresenta una realtà conquistata in anni e anni di attività, di collaborazione, di partecipazione attiva e di tanta musica, non solo, di tanta cultura.
Voglio solo dire che in una città che ha un disperato bisogno di luoghi dove proporre musica nuova, musica vera, un giorno sono arrivate le camionette della polizia all’alba e hanno sequestrato tutto. Poi chiaramente parte il gioco, anche questo molto italiano, dello “scaricabarile”, con il sindaco a dire che lui, no, lui “non ne sapeva niente” – senza calcolare quanto più grave sia questa cosa, se veritiera!
Voglio dire soltanto come ancora oggi ci sia chi protesta e chi reclama quello spazio che era ed è ancora un centro di musica, arte, formazione. Una palestra di libertà, contro “una ginnastica dell’obbedienza”. Ed è bello, bellissimo vedere quanti nomi di artisti, giovani e meno giovani, più o meno importanti, si siano mobilitati per dire la loro e dare supporto alla causa. Pino Marino, Daniele Silvestri, Elio Germano, Max Gazzè, Diodato, Roberto Angelini, i Luminal… alcuni, una piccola parte, dei tanti nomi di persone che in quel luogo ci sono passati, ci hanno creduto e non vogliono, come noi, veder tutto buttato alle ortiche. Sono loro e tutti quelli che ancora non ci credono e non si arrendono a meritare la lode, a ricordarci quanto la musica possa fare per tutti noi: dovrebbe far capire tanto a noi, quanto a “gli altri”, che ci sono cose per cui ogni tanto vale la pena levarsi in piedi ed alzare la voce. Sia chiaro, l'”Angelo Mai Altrove” è uno dei tanti esempi possibili, non è il primo e non sarà l’unico posto ad esser sgomberato in nome di chissà cosa. Ma è l’esempio di qualcosa da salvare, per noi in primis, per non lasciarci annegare nel piattume d’ignoranza e indifferenza che ci circonda. Per far capire agli altri che con la cultura si può mangiare, se ce lo lasciano fare. Anche la mente e la fantasia hanno tanta fame, sempre.
Riccardo De Stefano